Riflessioni post-tecnologiche, ovvero, il progresso regressivo


RIFLESSIONI POST-TECNOLOGICHE, OVVERO, IL PROGRESSO REGRESSIVO

Com’era solito dire Enrico, un caro amico, non è vero che i nuovi programmi sono più veloci: sono sempre più lenti e pesanti, tant’è che abbiamo bisogno di macchine sempre più potenti per poterli utilizzare. Inutile dire che aveva ragione.
Qualche tempo fa mi si è rotto lo smartphone. È caduto. Un po’ colpa mia, un po’ della gravità. Ad ogni modo, son dovuto tornare al vecchio e fidato e indistruttibile muletto Nokia C3 con sistema operativo Symbian. Vi sembra preistoria? Lo è. Risparmiandovi tediosi dettagli (come il fatto che per navigare devo togliere la sim e inserirla in un dispositivo Wi-Fi, e per telefonare devo effettuare l’operazione opposta), questa “decrescita” indotta mi ha condotto a un paio di riflessioni.
Un tempo, con tale “simbiotico” dispositivo potevo navigare e utilizzare qualsiasi sito Internet, potevo fargli fare da modem, potevo utilizzare servizi di chat e social. Ora non più, in parte perché non è più al passo con le succose e pesanti reti informatiche attuali, in parte perché, ahimè devo riconoscerlo, mi ero abituato così tanto alla rapidità di utilizzo dello smartphone (scrittura a scorrimento inclusa) che tornare a pigiare un tasto alla volta con l’ausilio di un tee da golf per poterlo beccare è quanto mai tedioso. Eh, difficile tornare indietro, quando ci si è abituati troppo bene, no?
V’è poi tutto il tema delle app, cioè di quei programmini che ti semplificano la vita permettendoti di interagire con la banca, l’identità digitale, la fornitura energetica, i trasporti, il televideo. Te la semplificano talmente tanto che, se non le hai, tali servizi puoi tranquillamente scordarteli. Infatti alcuni di essi (e sempre di più) funzionano solo tramite app, non ci son Santi. Ed è qui che mi è sorto l’ossimoro apparente di progresso regressivo.
Siamo sicuri che ci stiamo davvero semplificando la vita? O non la stiamo invece ingabbiando sempre più irrimediabilmente e perdutamente in un labirinto tecnologico dove, un giorno, ci ritroveremo, senza essercene resi conto, al servizio della “macchina” da noi stessi costruita?
La letteratura di fantascienza ha già detto tutto al riguardo, e non mi resterebbe, a conclusione di questo breve scritto senza pretese, che citare alcuni autori o brani.
Invece, mi viene in mente Dante:

Come 'l bue cicilian che mugghiò prima
col pianto di colui, e ciò fu dritto,
che l'avea temperato con sua lima,
mugghiava con la voce de l'afflitto,
sì che, con tutto che fosse di rame,
pur el pareva dal dolor trafitto

Dante Alighieri, Inferno, canto XXVII, vv. 7-12



Cesare Bartoccioni, 4 dicembre 2018

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