Intervista all’autore di Papà René. A cura di Deiandro, curatore
del blog.
Deiandro: Cari lettori di
questo popolarissimo blog letterario, oggi siamo lieti di dare il benvenuto
all’autore di un romanzo ancora inedito, ma di prossima pubblicazione. Stiamo
parlando di Aranck-Matunaagd, nome di penna assunto temporaneamente per firmare
quest’ultimo lavoro finalista al concorso letterario Ioscrittore: Papà René. La prima domanda nasce
spontanea. Perché tale titolo?
Aranck-Matunaagd:
Buongiorno a tutti, e grazie per l’invito.
D:
Veramente si è invitato da solo.
A-M:
Ah, già. Vero. Ad ogni modo, il titolo è un po’ un omaggio a Balzac e al suo Papà Goriot, e un po’… beh… un omaggio a
René.
D:
René… René… quel René?
A-M:
E chi altri? Tuttavia, devo dire che poi il personaggio, come sempre accade, ha
acquisito vita nuova durante la stesura, finendo con il diventare ciò che,
all’inizio, non mi sarei mai aspettato.
D:
Ah però. Quindi si può dire che le ha preso la mano, vero?
A-M:
Assolutamente sì. D’altra parte, è giusto così. Una volta caratterizzati, i
personaggi si muovono poi in autonomia, a me non resta che seguirli.
D:
Bene, bene. E lo pseudonimo? Mi pare di averlo già sentito da qualche parte.
A-M:
Le pare bene. Sì, per la cronaca è l’unione di due parole algonchine, e si può
tradurre come “cacciatore di stelle”; è il nome di uno dei miei personaggi, nel
romanzo Un anno da pirata.
D:
Il quale ancora oggi pare essere il suo assoluto best seller, nevvero?
A-M:
Esatto, di gran lunga, anche se Lettere
marziane e Lo strano caso del
Professor Joe Fox stanno caparbiamente scalando la classifica. Inoltre, ho
anche venduto una copia della mia raccolta poetica Altre poesie sparse (e sperse), il che dovrebbe far di me il poeta
vivente di maggior successo…
D:
Mi fa piacere. Comunque, non siamo qui per parlare di altri romanzi o raccolte.
Parliamo di Papà René. Qual è la
storia di questo lavoro? Cioè, come nasce e qual è stato il motivo ultimo che
l’ha spinta a scriverlo?
A-M:
Mah. Una bozza di incipit era stata composta già diversi anni fa, poi era
rimasta nella soffitta digitale dei progetti accantonati. Il motivo ultimo, in
effetti, è stato il concorso letterario.
D:
Quindi questo torneo ha costituito un’occasione per riprendere un vecchio
lavoro che, altrimenti, non avrebbe mai visto la luce.
A-M:
Esattamente. Anche se, poi, il romanzo finito è diventato tutta un’altra cosa
rispetto all’idea originaria.
D:
Bene, a questo punto, cominciamo con le domande ineluttabili. La avviso che ne
ho anche di maligne.
A-M:
Sono a sua disposizione.
D:
Da dove ha tratto l’ispirazione per Papà René, intendendo anche durante la
stesura.
A-M:
Come le dicevo prima, sicuramente da Balzac e dal suo Papà Goriot, poi da La mossa
del cavallo di Camilleri, ma il complesso, alla fine, si è sviluppato come
una specie di allegoria di un certo provincialismo tutto italiano, inserendo
alcune tematiche ricorrenti, di mala politica e di sopraffazione, e nel
contempo ripercorrendo alcuni eventi bui della Storia Patria.
D:
Ah, ah…! Non sveliamo troppo, eh?
A-M:
Ma no, si figuri, è solo per bagnare un po’ il becco a potenziali lettori…
D:
Certo, certo. E, a questo proposito, approfitto per informare che i lettori di
questo blog potranno trovare, in anteprima, alcuni capitoli del romanzo, in
libera lettura, giusto?
A-M:
Sì, l’idea è quella, anche perché l’unico modo per farsi un giudizio su uno
scritto, è leggerlo. Ad ogni modo, anche per l’anteprima si dovrà attendere
fino al 16 dicembre incluso. En passant, la ringrazio per l’ospitalità in
questo blog.
D:
Ma si figuri. È un piacere, oltre che un dovere. Ma perché il 16 dicembre?
A-M:
Perché fino a tale data tutti i finalisti potrebbero ricevere una proposta
editoriale.
D:
Beh, allora, in bocca al lupo! E ora veniamo alle domande cattive. Ma prima,
una curiosità.
A-M:
Mi dica.
D:
La città di “Litaia”, chiaramente inventata, ove si svolge l’azione, pare
essere costruita troppo minuziosamente per essere un mero frutto di fantasia. O
sbaglio?
A-M:
Non sbaglia, non sbaglia. Anzi, complimenti per l’acume. Va be’, una cosa posso
anche svelarla. La città di Litaia, descritta nel romanzo, è stata ricreata sul
modello del centro storico della cittadina di Cagli, in provincia di
Pesaro-Urbino, mio Comune natale.
D:
Ah beh! Questa è una notizia. I cittadini cagliesi ne saranno contenti.
A-M:
Spero di sì, e anche i cittadini pianellesi, proseguendo nella lettura…
D:
Perfetto. Perfetto. E ora, caro ospite, passerei finalmente a sollevarle alcune
critiche, non mie, ma di alcuni dei primi lettori della sua opera.
A-M:
Spari pure.
D:
Iniziamo con un appunto che le è stato sollevato in sede di incipit. E cioè la
scelta delle mele renette e delle pere abate, che secondo il lettore non sono
proprio tipiche del luogo e del tempo di ambientazione del romanzo, che viene
stimato nel sud Italia di fine ‘800, inizio ‘900.
A-M:
Beh, in realtà, anche se riconosco che alcune descrizioni e modi di dire
potrebbero far situare l’azione nell’Italia meridionale in generale, e in
Sicilia in particolare, in realtà non c’è scritto da nessuna parte esattamente
dove o quando il romanzo è ambientato. Anzi. L’ambientazione sia spaziale sia
temporale sono volutamente non definite. Comunque, a me piace molto giocare con
le parole, quindi per capire il senso dei termini che utilizzo occorre sempre
fare riferimento ad altre caratteristiche dello scritto. Papà René che coltiva
le “renette” … le pere “abate” che fanno un po’ da contrappunto ad elementi di
tipo ecclesiale e religioso che vi saranno poi nel prosieguo dell’opera.
D:
A proposito di termini e di nomi… Anche il Barone Licata mi pare di
riconoscerlo, no?
A-M:
Esatto. È un altro mio personaggio, stavolta del romanzo Deanor.
D:
Ah… quindi è come se lei, in pratica, avesse voluto firmare nascostamente un
romanzo che partecipava a un concorso sotto pseudonimo.
A-M:
Sì. Si può dire così.
D:
Alcuni lettori hanno lamentato degli errori ortografici o di stampa, altri
invece hanno apprezzato l’uso perfetto delle strutture grammaticali nonché
ortografiche. Come la mettiamo?
A-M:
Guardi, nella fattispecie, ogni personaggio parla in base alla sua levatura e
condizione. Ad esempio, il “barroccio” della narrazione diventa “biroccio”
quando viene pronunciato da uno degli sgherri del Barone. Non so se ho reso l’idea.
Ogni personaggio deve essere caratterizzato, anche e soprattutto nel tono e nel
linguaggio. Di romanzi ove l’unica voce che si sente è quella del narratore
onnisciente ve ne sono già troppi, in giro.
D:
Passiamo a un’altra critica. Un paio di lettori hanno trovato difficile seguire
i dialoghi quando questi, invece di essere virgolettati, sono riportati al
passato, come se venissero pensati nella mente del personaggio.
A-M:
Beh, guardi, lei nella domanda si è già dato la risposta. Qui dovrei citarle la
Stream of consciousness novel di James Joyce, oppure le opere del nostro
contemporaneo Paul Auster, i cui scritti, per inciso, trasudano letteratura a
ogni rigo, da cui ho ripreso tale device narrativo che consiste nell’inserire
descrizioni di eventi trascorsi come un pensiero tumultuoso di chi, da tali
eventi, è rimasto scosso. Insomma, è un modo di comunicare al lettore i
sentimenti del personaggio in una particolare situazione. Altri lettori lo
hanno apprezzato molto.
D:
Un altro esegeta ha dichiarato che oggi “non siamo più abituati a una scrittura
complessa”.
A-M:
Concordo. D’altro canto, io non scrivo storielle, di quelle che si adattano
alla media ponderata delle abilità di lettura del massimo numero di lettori
possibili; di tali “pensierini della domenica” ve ne sono in giro già a
bizzeffe, tutti praticamente uguali, tra l’altro. Io scrivo cercando di
coinvolgere il lettore spingendolo anche a un interesse di ricerca. E le
assicuro che i lettori più impegnati apprezzano molto tale tipo di stile,
perché esso parte dal rispetto della loro intelligenza. Non so se mi sono
spiegato.
D:
Direi che si è spiegato benissimo. Un ultimo rimprovero che le è stato mosso è
quello di non aver reso in Papà René un personaggio forte, ma di averlo
lasciato in qualche modo nel vago.
A-M:
Mah, veramente Papà René è proprio un personaggio debole. Uno un po’ dolce di
sale, come suol dirsi. Quindi questo non lo considero un rimprovero, ma una
conferma di un risultato voluto.
D:
Benissimo. Non riporto qui invece i tanti apprezzamenti ricevuti, dalla quasi
totalità dei lettori che hanno avuto il romanzo in anteprima.
A-M:
Ma infatti, no, non sarebbe elegante.
D:
Allora, caro Aranck-Matunaagd, o devo chiamarla…
A-M:
Aranck-Matunaagd va benissimo, per il momento, grazie.
D:
Prego. Un’ultimissima domanda, ha tempo?
A-M:
Certo. Per lei, caro Deiandro, ho sempre tutto il tempo di cui dispongo.
D:
Ah, beh, la ringrazio, la ringrazio. Dunque… Lei ha scritto sette romanzi,
ognuno di un genere diverso, senza contare una raccolta di racconti e due di
poesie. La domanda è: perché spaziare da un genere all’altro invece di
dedicarsi, come la maggior parte degli scrittori, a una tipologia narrativa
specifica?
A-M:
Mah, guardi. A me è sempre piaciuto mettermi alla prova con sfide sempre
diverse. Ergo, scrivere romanzi di vari generi differenti è un po’ come
accettare ogni volta una scommessa con me stesso. Inoltre, gli scritti attuali
sono il culmine di più di 30 anni di ricerca, di studio, di sperimentazione,
sul linguaggio e sulle sue potenzialità, quindi spaziare da un genere
all’altro, alla fine, fa parte di questa continua ricerca.
D:
Eh, sto pensando che, quasi quasi, dovrebbe scrivere un saggio su tale tipo di
evoluzione, no?
A-M:
Beh, in realtà, si può dire che l’ho già scritto, anche se in una forma un po’
particolare.
D:
E cioè?
A-M:
Vede, la raccolta Contrappunti
contiene 25 racconti diversi, di vario genere, scritti in circa 25 anni. Ecco,
leggendo quei racconti, ognuno dei quali ha in calce la data di stesura, si può
vedere e comprendere un percorso stilistico e un’evoluzione narrativa; senza
tante teorie o consigli, che spesso lasciano semplicemente il tempo che
trovano, bensì derivando l’intendimento di un cammino di scrittura direttamente
dalla lettura delle opere.
D:
Ah però… un po’ come una Bibbia protestante!
A-M:
Eh, la Bibbia, esagerato!
D:
Concludo con la domanda classica. Ha qualche consiglio per i lettori o anche
per aspiranti scrittori?
A-M:
La ringrazio per questa domanda. L’unico consiglio che mi sento di dare, al
momento, è quello di leggere, leggere, leggere. E magari leggere il presente
blog, che contiene un’infinità di racconti, poesie, rivisitazioni di miti e
leggende, saggi, anche consigli per scrivere e pubblicare, perfino delle
recensioni. Il tutto in gran parte in lettura gratuita. Senza parlare delle
anteprime delle varie opere già pubblicate.
D:
Bene. Abbiamo terminato la nostra intervista. Ringrazio, anche a nome dei
lettori di questo blog, Aranck-Matunaagd per la sua disponibilità, e approfitto
per inviare a tutti un caro saluto. Alla prossima!
Avete letto: Intervista ad Aranck-Matunaagd, a cura di
Deiandro, curatore del blog.
27/11/2020
Nota del 20 dicembre 2020: l'anteprima è ora disponibile QUI.
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