DI ROBOT, AI, ANDROIDI DOCENTI E UMANI PIANGENTI - racconti di fantascienza e del grottesco

Cari lettori, vi regalo qui di seguito il primo racconto di una nuova raccolta che troverete presto su Amazon, sia in cartaceo che in e-book: "Di robot, AI, androidi docenti e umani piangenti". Lo so, gli eventi ormai superano la più fervida fantasia, ma tant'è. Buona lettura!

P.S.: come sempre, ogni riferimento a persone e/o eventi realmente accaduti o accadenti, ed eventualmente pure futuri, è puramente casuale.


Di robot, AI, androidi docenti e umani piangenti

 

racconti di fantascienza e del grottesco

 

di Cesare Bartoccioni



Il Professor Roide Andrea

 

Il Professor Roide Andrea, appena abilitato alla classe di concorso A12, prende servizio presso l’Istituto Comprensivo Bellavista. Fresco di nomina, viene accompagnato direttamente dal Preside fino alla soglia della classe 3Q di Scuola Secondaria di I grado, nel plesso Cittadella.

“Cari ragazzi, care ragazze,” incomincia il Dirigente rivolgendosi agli alunni, “vi presento il vostro nuovo docente di Italiano, Storia e Geografia, che sostituirà la Professoressa Diani la quale, purtroppo, come sapete, sarà in malattia fino alla fine delle attività didattiche per esaurimento nervoso. Sono certo,” prosegue il Preside, squadrando con le palpebre socchiuse uno a uno tutti gli astanti, “son certo, anzi certissimo, che accoglierete il Professore con il dovuto rispetto e che lo seguirete con tanta, tanta attenzione, anche perché sarà il vostro coordinatore di classe, e vi accompagnerà fino all’esame di licenza”.

Incrociando le mani dietro la schiena, dopo tre secondi netti di silenzio, il Preside si solleva sulle punte dei piedi, stirandosi verso l’alto, come a voler raggiungere un livello di maggior vantaggio sugli alunni i quali, tutti sull’attenti, come bravi soldatini, paiono pendere dalle sue labbra.

“Il Professor Roide,” continua il Dirigente, “è alla sua prima esperienza di insegnamento, ma... sono certo,” riprende dopo una studiata pausa, “sono certo che saprà eccellentemente e benissimamente prendere le redini di questa bella classe che, a volte, nevvero, mi si dice, cari ragazzi, essere leggermente disordinata, eh?”

Gli alunni, all’unisono, lo sguardo mogio, sembrano fare un cenno affermativo col capo.

“Bene”, conclude il Dirigente. “Vi lascio ora nelle ottimissime mani del vostro nuovo Prof e, mi raccomando, ragazzi, salutatemi le famiglie a casa, neh?”

Il Preside si volge verso il Professore che si trova ancora sulla soglia dell’aula, gli stringe la mano e, con un “buon lavoro” pronunciato a mezza bocca, se ne esce richiudendosi la porta alle spalle.

Il Professor Roide si guarda intorno, come vagamente spaesato, poi si avvia verso la cattedra. Posa la valigetta di cuoio rosso sul piano di formica, quindi si siede.

“Prego, comodi, ragazzi, comodi.”

Gli alunni si seggono, restando poi in attesa. Gli sguardi dei ragazzi sono fissi sulle fattezze regolari dell’imberbe docente, i capelli neri e corti, ben pettinati con una netta scriminatura sulla sinistra del capo, occhi castani, labbra sottili, naso piccolo e dritto, mento sfuggente. Osservano attentamente il vestiario del nuovo professore, non essendo evidentemente avvezzi a giacche e cravatte di taglio classico, panno nero su camicia bianca, il tutto perfettamente stirato.

“Bene, ragazzi;” riprende quindi il Professor Roide, “ho dato un’occhiata al programma che avete svolto fino ad ora, e ho potuto constatare che siete un po’ indietro. Siamo a marzo e non avete ancora finito Napoleone. Comunque, tranquilli...”

Il docente si alza dalla sedia e, a passi lenti e cadenzati, si posiziona in piedi davanti alla cattedra.

“Concluderemo l’età napoleonica velocemente, e tratteremo poi rapidamente i due o tre punti salienti dell’ottocento, in modo da concentrarci sul cosiddetto ‘secolo breve’.”

“Il Medioevo?”, urla un ragazzo dal fondo.

“Allora,” riprende a voce bassa con tono baritonale il Professor Roide, al contempo facendo cenni con i palmi delle mani verso il basso, come a voler quietare tali improvvise interruzioni, “prima di tutto, si alza la mano se si vuole intervenire. Tu come ti chiami?”

“Parmigiani, Prof, Parmigiani. Allora, il Medioevo, Prof?”

“Parmigiani, ascoltami,” il docente si avvicina all’alunno, e gli si rivolge con un tono benevolo nella voce, “prima di tutto, il Medioevo non è un secolo, e di certo non lo si può definire breve; in secondo luogo, l’età napoleonica è successiva al Medioevo, di un bel po’: non è che torniamo indietro, no?”

“Ah, giusto, Prof, giusto, allora è il Rinascimento?”

Diversi altri ragazzi iniziano a sghignazzare.

Il docente, visto l’andazzo, decide di cambiare strategia. Torna alla cattedra, si siede, si schiarisce la voce. Vari alunni bisbigliano tra loro nelle retrovie dell’aula.

“Dicevo, ragazzi”, ricomincia dopo alcuni secondi, “cercheremo di concludere l’età napoleonica nel giro di poche lezioni, e utilizzeremo pertanto un metodo analitico che ci permetterà di concentrarci sulle caratteristiche peculiari di Napoleone e soprattutto del suo genio militare. Inizieremo già oggi, quindi, a vedere la sua strategia di annientamento, esaminando brevemente, ma in modo approfondito, la Battaglia di Jena.”

“È la iena ridens, vero prof?”

“No, Parmigiani, no. Non siamo a Scienze, facciamo Storia, Parmigiani.”

“Prof! Prof!”, un altro alunno solleva la mano dal centrocampo.

“Ecco, bravo che hai alzato la mano,” lo loda il docente, “ma si deve attendere che il docente dia la parola, altrimenti viene fuori confusione. Comunque dimmi pure. Come ti chiami?”

“Zavoli, Prof, Zavoli Antonio. Prof, ma è vero che ride la iena?”

“Ragazzi,” sospira il Prof. Roide, “facciamo che mi ascoltate e poi lasciamo le domande alla fine?”

“Prof, posso fare una domanda che non c’entra?”, si alza in piedi una ragazza in prima fila.

“No, non adesso, no. Ora vediamo questa battaglia.”

“Prof, Prof, io lo so, io lo so! Posso dirla? La prego, Prof, posso?”

“Va bene, ultimo intervento, poi parlo solo io. Tu come ti chiami?”

“Marilena, Prof.”

“Il cognome?”

“È il cognome, Prof, Marilena Gioia, Prof.”

“Va bene, Gioia, dimmi pure.”

“La Battaglia di Jena, si chiama così, Prof, perché Napoleone in quella battaglia si è comportato come una iena, è vero, Prof?”

La classe scoppia a quel punto in una sguaiata e generalizzata risata.

Il Professor Roide si alza, minaccioso, dalla sedia, fa per iniziare a riprendere i ragazzi, ormai in piena confusione, solleva la destra con l’indice verso l’alto e... si blocca, piegando leggermente il capo verso destra, l’espressione estasiata come se stesse ascoltando un coro angelico.

La classe continua a far baccano, volano libri e atlanti di storia, finché la porta si apre all’improvviso e il Preside, accompagnato da un bidello, si staglia sulla soglia, torvo in volto e con gli occhi sbarrati.

Gli alunni si arrestano dove si trovano, rimanendo in assoluto silenzio.

Il Dirigente passa lo sguardo feroce per tutta la classe, quindi si ferma ad osservare il docente, che pare una statua.

Si avvicina, lo esamina, sbuffa, poi si volge al bidello.

“Richiama la ditta Androidi Robot e Golem Operativi. Ce ne hanno mandato un altro difettoso.”



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