P.S.: come sempre, ogni riferimento a persone e/o eventi realmente accaduti o accadenti, ed eventualmente pure futuri, è puramente casuale.
Di
robot, AI, androidi docenti e umani piangenti
racconti di fantascienza e del grottesco
di Cesare Bartoccioni
Il Professor Roide Andrea
Il Professor Roide Andrea, appena abilitato
alla classe di concorso A12, prende servizio presso l’Istituto Comprensivo
Bellavista. Fresco di nomina, viene accompagnato direttamente dal Preside fino
alla soglia della classe 3Q di Scuola Secondaria di I grado, nel plesso Cittadella.
“Cari ragazzi, care ragazze,” incomincia il
Dirigente rivolgendosi agli alunni, “vi presento il vostro nuovo docente di
Italiano, Storia e Geografia, che sostituirà la Professoressa Diani la quale,
purtroppo, come sapete, sarà in malattia fino alla fine delle attività
didattiche per esaurimento nervoso. Sono certo,” prosegue il Preside,
squadrando con le palpebre socchiuse uno a uno tutti gli astanti, “son certo,
anzi certissimo, che accoglierete il Professore con il dovuto rispetto e che lo
seguirete con tanta, tanta attenzione, anche perché sarà il vostro coordinatore
di classe, e vi accompagnerà fino all’esame di licenza”.
Incrociando le mani dietro la schiena, dopo
tre secondi netti di silenzio, il Preside si solleva sulle punte dei piedi, stirandosi
verso l’alto, come a voler raggiungere un livello di maggior vantaggio sugli
alunni i quali, tutti sull’attenti, come bravi soldatini, paiono pendere dalle
sue labbra.
“Il Professor Roide,” continua il
Dirigente, “è alla sua prima esperienza di insegnamento, ma... sono certo,” riprende
dopo una studiata pausa, “sono certo che saprà eccellentemente e benissimamente
prendere le redini di questa bella classe che, a volte, nevvero, mi si dice,
cari ragazzi, essere leggermente disordinata, eh?”
Gli alunni, all’unisono, lo sguardo mogio, sembrano
fare un cenno affermativo col capo.
“Bene”, conclude il Dirigente. “Vi lascio ora
nelle ottimissime mani del vostro nuovo Prof e, mi raccomando, ragazzi, salutatemi
le famiglie a casa, neh?”
Il Preside si volge verso il Professore che
si trova ancora sulla soglia dell’aula, gli stringe la mano e, con un “buon
lavoro” pronunciato a mezza bocca, se ne esce richiudendosi la porta alle
spalle.
Il Professor Roide si guarda intorno, come
vagamente spaesato, poi si avvia verso la cattedra. Posa la valigetta di cuoio
rosso sul piano di formica, quindi si siede.
“Prego, comodi, ragazzi, comodi.”
Gli alunni si seggono, restando poi in
attesa. Gli sguardi dei ragazzi sono fissi sulle fattezze regolari dell’imberbe
docente, i capelli neri e corti, ben pettinati con una netta scriminatura sulla
sinistra del capo, occhi castani, labbra sottili, naso piccolo e dritto, mento
sfuggente. Osservano attentamente il vestiario del nuovo professore, non
essendo evidentemente avvezzi a giacche e cravatte di taglio classico, panno
nero su camicia bianca, il tutto perfettamente stirato.
“Bene, ragazzi;” riprende quindi il
Professor Roide, “ho dato un’occhiata al programma che avete svolto fino ad
ora, e ho potuto constatare che siete un po’ indietro. Siamo a marzo e non
avete ancora finito Napoleone. Comunque, tranquilli...”
Il docente si alza dalla sedia e, a passi
lenti e cadenzati, si posiziona in piedi davanti alla cattedra.
“Concluderemo l’età napoleonica velocemente,
e tratteremo poi rapidamente i due o tre punti salienti dell’ottocento, in modo
da concentrarci sul cosiddetto ‘secolo breve’.”
“Il Medioevo?”, urla un ragazzo dal fondo.
“Allora,” riprende a voce bassa con tono
baritonale il Professor Roide, al contempo facendo cenni con i palmi delle mani
verso il basso, come a voler quietare tali improvvise interruzioni, “prima di
tutto, si alza la mano se si vuole intervenire. Tu come ti chiami?”
“Parmigiani, Prof, Parmigiani. Allora, il Medioevo,
Prof?”
“Parmigiani, ascoltami,” il docente si
avvicina all’alunno, e gli si rivolge con un tono benevolo nella voce, “prima
di tutto, il Medioevo non è un secolo, e di certo non lo si può definire breve;
in secondo luogo, l’età napoleonica è successiva al Medioevo, di un bel po’:
non è che torniamo indietro, no?”
“Ah, giusto, Prof, giusto, allora è il
Rinascimento?”
Diversi altri ragazzi iniziano a
sghignazzare.
Il docente, visto l’andazzo, decide di cambiare
strategia. Torna alla cattedra, si siede, si schiarisce la voce. Vari alunni
bisbigliano tra loro nelle retrovie dell’aula.
“Dicevo, ragazzi”, ricomincia dopo alcuni
secondi, “cercheremo di concludere l’età napoleonica nel giro di poche lezioni,
e utilizzeremo pertanto un metodo analitico che ci permetterà di concentrarci
sulle caratteristiche peculiari di Napoleone e soprattutto del suo genio
militare. Inizieremo già oggi, quindi, a vedere la sua strategia di
annientamento, esaminando brevemente, ma in modo approfondito, la Battaglia di
Jena.”
“È la iena ridens, vero prof?”
“No, Parmigiani, no. Non siamo a Scienze,
facciamo Storia, Parmigiani.”
“Prof! Prof!”, un altro alunno solleva la
mano dal centrocampo.
“Ecco, bravo che hai alzato la mano,” lo
loda il docente, “ma si deve attendere che il docente dia la parola, altrimenti
viene fuori confusione. Comunque dimmi pure. Come ti chiami?”
“Zavoli, Prof, Zavoli Antonio. Prof, ma è
vero che ride la iena?”
“Ragazzi,” sospira il Prof. Roide, “facciamo
che mi ascoltate e poi lasciamo le domande alla fine?”
“Prof, posso fare una domanda che non c’entra?”,
si alza in piedi una ragazza in prima fila.
“No, non adesso, no. Ora vediamo questa
battaglia.”
“Prof, Prof, io lo so, io lo so! Posso
dirla? La prego, Prof, posso?”
“Va bene, ultimo intervento, poi parlo solo
io. Tu come ti chiami?”
“Marilena, Prof.”
“Il cognome?”
“È il cognome, Prof, Marilena Gioia, Prof.”
“Va bene, Gioia, dimmi pure.”
“La Battaglia di Jena, si chiama così, Prof,
perché Napoleone in quella battaglia si è comportato come una iena, è vero,
Prof?”
La classe scoppia a quel punto in una
sguaiata e generalizzata risata.
Il Professor Roide si alza, minaccioso,
dalla sedia, fa per iniziare a riprendere i ragazzi, ormai in piena confusione,
solleva la destra con l’indice verso l’alto e... si blocca, piegando
leggermente il capo verso destra, l’espressione estasiata come se stesse
ascoltando un coro angelico.
La classe continua a far baccano, volano
libri e atlanti di storia, finché la porta si apre all’improvviso e il Preside,
accompagnato da un bidello, si staglia sulla soglia, torvo in volto e con gli
occhi sbarrati.
Gli alunni si arrestano dove si trovano,
rimanendo in assoluto silenzio.
Il Dirigente passa lo sguardo feroce per
tutta la classe, quindi si ferma ad osservare il docente, che pare una statua.
Si avvicina, lo esamina, sbuffa, poi si
volge al bidello.
“Richiama la ditta Androidi Robot e Golem
Operativi. Ce ne hanno mandato un altro difettoso.”
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