Recensione di “Non tutti certo moriremo”
di Alessandro Forlani
recensione di Cesare Bartoccioni
22 sono gli arcani maggiori dei tarocchi,
e infiniti sono i tempi e i mondi che con essi si vuol rappresentare, e 22 sono
questi racconti, intrecciati in infiniti tempi e mondi in una storia che un po’
è romanzo un po’ epopea e un po’ divinazione, ma anche constatazione di un
mondo e un tempo che forse stiamo vivendo senza farci molto caso, prendendo sul
serio le quisquilie e quisquiliando sulle questioni serie.
Alessandro Forlani, come un esperto
mazziere, ci serve le carte di un futuro, di un passato, di un presente, di una
fine del mondo e di una redenzione, in una serie di narrazioni dove personaggi
e ambienti si danno il cambio in un caleidoscopio di eventi personali e al
contempo sociali e globali, condominiali e geopolitici, come in effetti è, alla
fine, la realtà.
Il tempo è tessuto come un velo a trame
larghe, che permette il passaggio tra luoghi e tra momenti, spesso
mimetizzandosi nel presente con i suoi classici paradossi.
Riconosciamo le storie dei protagonisti,
accuratamente caratterizzati, riconosciamo i posti e le vie e i locali e le
canzoni e le espressioni della nostra giovinezza, in un mondo in guerra dove il
conflitto è ben riconoscibile anch'esso come limpida metafora di ciò che in
effetti stiamo vivendo oggi, ogni giorno.
C'è tutto in questo romanzo raccontato:
le nostre fisime e le nostre illusioni, le paure e gli stereotipi, l'economia e
la finanza sempre più smarrite dalla realtà di questo pianeta, e c'è la volontà
di riscatto, nel pessimismo distopico di ognuna di queste storie, che possono
essere lette nell'ordine proposto oppure anche in modo casuale, perché
cambiando l'ordine dei fattori, il prodotto alla fine non cambia, in una
moltiplicazione unica e stilisticamente innovativa di livelli narrativi dove
“non tutti, certo, moriremo, ma saremo trasformati”.
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