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Recensione di "Pian di luce", romanzo di Martino Panico

RECENSIONE DI “PIAN DI LUCE”, ROMANZO DI MARTINO PANICO
 
recensione di Cesare Bartoccioni
 
Il sottotitolo “Romanzo d’amore e di storia” ci aiuta ad inquadrare già il tenore di questo nuovo lavoro di Martino Panico. Ma attenzione. Qui c’è molto di più in ballo.
Il romanzo, in realtà, è così pieno di sfaccettature, che si dipanano su molteplici livelli, che una recensione completa e dettagliata prenderebbe tante pagine quanto quelle del libro, se non di più.
Mi limiterò, quindi, a tracciarne le linee essenziali, lasciando al lettore, come suol dirsi, il piacere della scoperta.
Inizio da un elemento che mi ha particolarmente colpito fin da subito: l’uso del linguaggio.
È quasi incredibile la maestria con cui Martino Panico passa, con disarmante nonchalance, da una narrazione di tipo personale e familiare ad una di tipo storico-politico, dal tono piacevolmente didascalico a quello filosofico-spirituale, dal racconto lineare di fatti del passato alla tecnica dello stream of consciousness nell’esposizione del pensiero del protagonista. Il tutto ben cucito insieme come un abito di alta sartoria, che si adatta perfettamente alle forme e alle sfaccettature, e alle aspettative, del lettore.
In mani meno abili, una siffatta raccolta di eventi, di aneddoti, di idee politiche e sociali, di riflessioni sulla vita e sulla nostra umanità, di analisi dei rapporti interpersonali, si sarebbe risolta in un calderone senza capo né coda. La penna di Martino Panico, invece, è una linea continua che, nitida e senza sbavature, ci guida in un percorso il quale, al di là dei fatti e degli avvenimenti, ci porta dritti a scalare “la montagna che è dentro ognuno di noi”.
Ad ogni passo, ad ogni rigo, ad ogni punto di cucito di questo lavoro, si nota la passione dell’autore per le proprie radici, nei nomi dei luoghi, con una toponomastica sapientemente inventata e facilmente riconoscibile, nei puntuali riferimenti alle tradizioni contadine e borghesi; si nota l’attenzione per la storia dei singoli, che sommata diventa la Storia di tutti; ma principalmente si vede e si apprezza la celebrazione dell’umanità, soprattutto in quei momenti in cui ci sarebbero tutte le premesse per soffocarla, come quando avresti il diritto di estrarre una ’45 per farti giustizia, e invece estrai una banconota da 50 lire, l’ultima che ti è rimasta, per aiutare chi un tempo ti ha fatto del male, per non perpetuare l’odio all’infinito.
Alberto e Maria, i due protagonisti che ci vengono subito presentati, rappresentano questa lotta sempiterna tra amore e odio, tra rancore e riappacificazione, tra le tenebre della morte e la luce della rinascita.
C’è molto, in questo romanzo. C’è tanto, tantissimo. E la presentazione dei tanti eventi, soprattutto del periodo della lotta partigiana, viene felicemente risolta alla “Shakespeare”, mi vien da dire, con l’introduzione di subplot i quali, lungi dall’inficiare la linea narrativa, al contrario l’accentuano e la rafforzano in una perfetta armonia. Per restare in campo shakespeariano, come nell’Amleto si presenta un teatro nel teatro, in Pian di luce si presenta un romanzo nel romanzo, quando i due protagonisti incontrano Ferruccio, la memoria storica del luogo, colui che, narrando il suo racconto, inserisce tra i due innamorati, pur involontariamente, un momento di crisi apparentemente senza uscita.
Ma l’uscita, Martino Panico, ce la indica, più e più volte, indirettamente e direttamente, come nelle parole del Sindaco: “... se lei dovesse confermare la decisione ... farebbe vincere ancora quelle persone ... che hanno compiuto misfatti che ancora oggi la fanno soffrire.”
Da leggere.

 


 

Editore: Ciesse Edizioni

Collana: Green

Anno edizione: 2020

In commercio dal: 17 agosto 2020

Pagine: 176 p., Brossura

          EAN: 9788866603573

 

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