Larry Loy - racconto


LARRY LOY

racconto

di Cesare Bartoccioni


La casa era comoda, con uno strano ma interessante tetto a cupola, ricavato in un unico pezzo di marmo. Le pareti di legno parevano rinforzate al loro interno, tanto erano rigide e stabili. Chissà, forse dei passanti d’acciaio. Non ne avevo idea. Come non avevo idea di come avessi fatto a ritrovarmi lì.
Mah.
Vista dall’esterno, la casetta era minuta, ma piacevole, intima. Tutto all’intorno si apriva un’enorme distesa di terra rossa. Come un deserto. Ad ogni modo, dietro la casetta, un rigoglioso ruscello gorgheggiava in allegre onde e si snodava sinuosamente nella lontananza, verso le azzurre montagne sullo sfondo.
Una carretta con degli attrezzi che le spuntavano dai bordi mi dava, forse, qualche indizio su quale fosse la mia occupazione, lì. Una zappa, una vanga, un badile. Un sacco di iuta pieno di sementi. Forse grano.
Volsi lo sguardo tutt’intorno. Nessun’altra struttura. Né mulino né altre dimore. Solo una lunga strada in terra battuta, opposta al ruscello, anch’essa sinuosa, che si perdeva alla distanza verso degli alti contrafforti di pietra grigia. Forse granito. Mi chiesi en passant dove avrei potuto portare il grano, una volta cresciuto. Sempre che fossi riuscito a coltivarlo. E sempre che si trattasse effettivamente di grano.
Decisi di esplorare meglio i dintorni. Ma prima di tutto dovevo partire dall’ispezione dell’interno dell’abitazione.
La porta era alta e stretta. Dentro, niente finestre, solo una luce leggera che filtrava dalle fessure ricavate tra la cupola del tetto e i montanti della struttura di legno su cui era poggiata. Forse per limitare il riverbero. Il sole era davvero cocente, e la luminosità dell’ambiente circostante quasi accecante. Nessun mobile, a parte un basso tavolo, lungo e stretto come la porta, al centro del pavimento. Troppo basso per consumarci dei pasti. Sembrava più una specie di letto. Tra l’altro non sembrava esservi nulla per cucinarli, gli eventuali pasti. Sul piancito, un mosaico a tessere blu, bianche, rosse, gialle, nere, si stendeva da parete a parete. Il disegno riprodotto era un arzigogolo astratto. Greco, forse, o magari etrusco. Beh, sicuramente isolava l’abitazione dalla cruda terra rossa sottostante. Non v’era null’altro da osservare, lì dentro. Tornai fuori.
Decisi di iniziare a percorrere il sentiero. Camminai a lungo, almeno due ore, ma il panorama non accennava minimamente a modificarsi. L’orizzonte dei contrafforti rimaneva lontano. Mi volsi alla casetta. Era ancora vicina. Rimenai indietro. Provai con il ruscello. Ne seguii a lungo le anse, e mi accorsi che erano molto più ritorte di quanto avessi potuto apprezzare osservandole dalla casa. Camminai a lungo, almeno due ore, ma il panorama non accennava minimamente a modificarsi. Il corso d’acqua pareva svolgersi all’infinito, e le montagne azzurre sullo sfondo non mostravano minimamente di cangiare il loro orizzonte. Mi volsi. La casetta era ancora vicina. Mi risolsi a rincasare. Mi ritrovai accanto alla carretta. Beh, magari avrei potuto iniziare a dissodare un po’ di campo, scavare qualche solco, piantare alcuni semi, ricoprire con una spolverata di terra e irrigare il tutto con un paio di galloni d’acqua. C’era anche un innaffiatoio di metallo, insieme agli utensili. Ma ero stanco. Avevo camminato troppo. Decisi di rientrare in casa. Mi distesi sul tavolaccio con l’idea di avviare i lavori agricoli all’indomani, quando l’alba avrebbe gettato di nuovo una limpida e quieta luce tutt’intorno.
La casa era comoda, con uno strano ma interessante tetto a cupola, ricavato in un unico pezzo di marmo. Le pareti di legno parevano rinforzate al loro interno, tanto erano rigide e stabili. Chissà, forse dei passanti d’acciaio. Non ne avevo idea. Come non avevo idea di come avessi fatto a ritrovarmi lì.
Mah.

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Le due donne si chinarono, cambiando i fiori ormai rinsecchiti con un bel mazzo fresco.
La più anziana si inginocchiò al suolo. La più giovane ripulì la superficie di marmo con uno straccio umido ben strizzato.
Entrambe, dopo un po’, si ritrovarono in piedi, affiancate. Guardarono in basso. La targa era incisa con un segno lieve, ma nitido.

L a r r y  L o y
 * 23.4.1909
 + 01.1.2019

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