IL
VIAGGIO
racconto
di Cesare Bartoccioni
“E mi
raccomando. Niente francesismi!”
La voce
arrochita dai troppi sigari sullo sfondo del ghigno sornione accompagnato da
occhi senza espressione risuonava ancora nelle orecchie del docente, intento a
smanettare con la nuova versione del testé adottato registro elettronico: Cerbero, il registro che ti trasporta ove nessuno
è mai giunto prima. Così almeno decantava la pubblicità. Neanche fosse il
Capitano Kirk con l’Enterprise.
“In che
senso, scusi?”, aveva provato a replicare, ma il Dirigente aveva sollevato la
mano sinistra con il palmo aperto rivolto verso di lui e socchiudendo le
palpebre, come a far capire che non occorreva ribattere.
“Nel senso,
caro professor Foch…”
“Le Foch.”
“Fa lo
stesso.” Le palpebre si erano dischiuse, e le fessure degli occhi, con la loro luce
sinistra, avevano indotto il Professor Jacques Le Foch, neoassunto per la
cattedra di Lingua francese presso l’Istituto Omnicomprensivo Bellavista, a più
miti consigli.
“Nel senso,
caro Foch, di non mettersi a fare anche lei come quei suoi petulanti colleghi
di inglese, sempre a spezzettare le ferie in quattro, cinque, sei tronconi. Come
se pensassero di fregarci. Tanto se vogliamo rompergli le balle li chiamiamo lo
stesso, capit’?”
Rompere “loro”
le balle, semmai, aveva pensato Le Foch, ma se l’era tenuto per sé. Però sul
suo senso di giustizia non poteva passar sopra.
“Ma, mi
scusi, Dirigente, è mio diritto, no?”
Le fessure
oculari del burbero e roco interlocutore si erano aperte di un altro
millimetro: la luce aveva assunto un tono di nitida minaccia.
“Certo,
certo.” Il Dirigente aveva abbozzato un sorriso condiscendente, un sorriso che
non rideva, un sorriso che tagliava come la lama di un coltello. “Ma vede,
Foch, un conto è il suo diritto, un conto è il lavoro della Segreteria. Ho solo
due applicate e siamo già oberati con tutte le beghe di maggio, non so se
rendo. Quindi,” aveva poi ripreso dopo una ben studiata pausa, “quindi, caro il
mio bravo Foch, le prenda tutte in fila, cominci dal 31 agosto e torni indietro
fin dove riesce.”
“Ma… io
avrei degli impegni che…” aveva provato a ribattere Jacques Le Foch, con la
fievole voce della disperazione.
“I suoi
impegni non sono un problema mio.”
Erano state
le ultime parole. Il Dirigente si era congedato con ineccepibile bon ton:
volgendo semplicemente le spalle.
Ora, il
Professor Le Foch, solo soletto nell’aula insegnanti, approfittando del breve
buco di mezz’ora tra il Consiglio di Classe della 2° G e quello della 3° M,
stava lottando con le icone, le tendine, i menu di scelta rapida e le
pesantezze di caricamento del tanto osannato registro.
E no, pensò,
è la prima volta che posso prendermi le ferie per bene, ti pare che adesso me
le brucio tutte in agosto? No, no, a me servono un po’ a luglio, devo essere a
Parigi, mi aspetta Véronique per il 14, mica una cosa da niente, no? Eh no.
Detto fatto,
provando e riprovando, alla fine riuscì ad aprire la scheda giusta. Recupero
festività soppresse. No, quelle dopo, alla fine. Ferie. Eccole. Aprì il
collegamento. Inserì le date: inizio mercoledì 10, fine sabato 20. Et voilà,
altro che in fila. Eccoti la prima tranche, mon cher directeur. Cliccò quindi
su Salva: “Salvataggio effettuato con successo”, informò Cerbero. Bien. E ora
inviamo. Premette il pulsante sinistro del mouse su Invio.
Ebbe solo il
tempo di intravvedere il messaggio di Cerbero: “Applicazione aggiornata. Si prega
di riprovare.”
***
Il
Commissario Berti, con il prezioso aiuto del Maresciallo De Pasquale, aveva
appena finito di ispezionare la sala insegnanti, raccogliendo oggetti, rilevando
impronte, facendo supposizioni.
“Allora?” La
voce del Dirigente era sempre roca, ma conteneva, di fronte all’autorità
costituita, una mezza croma di rispetto.
“Niente,
Dirigente. Niente. Sembra proprio sparito.”
“Macché
sparito!” Il Dirigente scrollò le spalle e ciondolò il capo in un gesto di
diniego che stava a significare che in lui, e solo in lui, era infusa tutta la
verità del caso. “Quello se l’è filata. Glielo dico io, glielo dico. Quello è
sempre stato inadatto. Capirà, un francese di Parigi, qui, al Bellavista! Il classico
pesce fuor d’acqua. Ha capito che non era competente e se l’è svignata. Ah, ma
se lo prendo…”
“Ecco,
Dirigente,” il Commissario Berti parlò con voce pacata e tranquilla, da cui
traspariva solo un cenno d’ironia, che però il Dirigente non colse, “se lo
prende, ce lo porti, eh? Comunque, in base alle testimonianze dei collaboratori
e dei docenti presenti ieri, il Professor Le Foch è entrato in questa saletta,
e da qui non è più uscito. Questo è sicuro. Lo avrebbero visto di certo.”
“Ah, sì,
come no?” Sollevò le braccia al cielo il Dirigente ridendo. “Sempre che
vogliamo credere a tutti!”
“No, non a
tutti, Dirigente.” Intervenne De Pasquale. “Solo alle telecamere di
sorveglianza, che qui son poste in cima a ogni uscio.”
Il Dirigente
incrociò le braccia all’altezza del petto, facendo sporgere il fiero capo sul
collo taurino, in atteggiamento di sfida. In fondo, era stato proprio lui a
volerle, quelle telecamere. Per sicurezza, certo, ma anche e soprattutto per
controllare che nessuno gliela facesse fuori dal vaso.
“E allora?”
“E allora,”
Berti inspirò profondamente, espirò lentamente, quindi continuò, “e allora
dobbiamo sapere esattamente cosa stesse facendo qui Le Foch.”
“Stava
segnando le ferie.”
Il Commissario
e il Maresciallo si volsero all’unisono al suono gioviale e argentino della voce
femminile che aveva appena parlato.
La ragazza, bruna
esile e delicata nella finezza delle sue forme, accennò un rispettoso saluto
col capo e, sorridendo, porse la mano, subito stretta in rapida successione dai
due agenti.
“Perdonatemi,
sono la Professoressa Conti, insegno Religione.”
“Piacere,”
rispose Berti ricambiando il sorriso. “Ci dica pure.”
“Ecco, io ho
incrociato Jacques… beh, sì, il Professor Le Foch, mentre mi stavo dirigendo al
Consiglio di Classe della 1° Q, e appunto mi disse che avrebbe approfittato del
buco tra due riunioni per inviare il piano ferie, tramite il registro
elettronico.”
Il
Commissario si voltò verso il Dirigente.
“Che
registro elettronico avete?”
“Cerbero.”
“Ah.”
***
“Che mi
dice, Cipani?”
L’ispettrice
Cipani stava visionando, ormai da diverse ore, sul server centrale dell’Istituto
Bellavista, le righe del coding relative alle ultime 72 ore di utilizzo del
registro elettronico. Sollevò il capo verso il Commissario. Gli occhi da
cerbiatta e il sorriso luminoso contenevano una punta di dileggio.
“Si ricorda
il caso dell’alunno scomparso?”
“Certo che
me lo ricordo.” Un’ombra inquieta passò sullo sguardo di Berti. “Ancora
variabili quantiche?”
“Esatto.
Pare che ci abbiano preso gusto.”
Il
Commissario ristette pensoso per un lungo momento, passeggiando intorno al
tavolo dell’aula insegnanti, messa dal Dirigente gentilmente a disposizione
dell’autorità giudiziaria. Si fermò di fronte al cassetto dove faceva bella
mostra di sé, nuovo e fiammeggiante, un lucido adesivo tricolore blu, bianco e
rosso. Sotto l’adesivo, in caratteri svolazzanti, in curata calligrafia, era
riportato il nome dell’assegnatario: Prof. Jacques Le Foch.
“E quindi?”
L’ispettrice
Cipani si stirò la schiena sullo schienale della poltroncina. Portò le braccia
all’indietro e, con armoniosi movimenti del collo e delle spalle, si sgranchì
le giunture.
“Mah. Io proverei
a svuotare la cache.”
***
“Si ricorda
qualcosa delle ultime settantadue ore?”
Il tono di
Berti era deciso, ma cordiale.
“Parbleu,
no, mon Dieu. Rien de rien.”
Il Professor
Jacques Le Foch si guardò intorno, cercando senza successo di sollevarsi dalle
candide lenzuola del letto.
“Ma dove
sono?”
“In
ospedale.”
“Eh? Ma che
è successo?”
“Niente,
niente, non si preoccupi. Cerchi solo di riposare. Si è trattato di un semplice…
mancamento.” Il Commissario fece per andarsene. Il suo lavoro era terminato. Quindi,
giunto sulla soglia della camera, si volse, strizzando l’occhio al docente.
“A
proposito, Professore. Il Dirigente si pregia di informarla, tramite il
sottoscritto, che la sua richiesta di ferie è andata a buon fine.”
FINE
Nessun commento:
Posta un commento